“Los bebés robados”: il passato oscuro della Spagna
Sono trascorsi più di 34 anni dal 26 maggio del 1978. Un giorno che sarebbe entrato a far parte della storia di una famiglia, quella di Felisa Tomico Orusco e suo marito Juan Antonio Panadero Gallana, una coppia di novelli sposi di Madrid.
Non hanno mai visto a chi somigliasse il bimbo nato in primavera, il loro primo ed unico figlio. Non l’hanno mai neanche stretto tra le braccia: due ore dopo la nascita, una suora annunciò alla famiglia che il piccolo era morto, nonostante non fossero sorti problemi durante la gravidanza e il parto, e a nessuno fu consentito di vedere il cadavere. Il tribunale provinciale di Madrid ha ora ordinato di riaprire il caso, per sospetto rapimento, dopo che la Corte Penale numero 47 ne aveva deciso l’archiviazione, considerando il tempo trascorso dalla vicenda. Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo El Paìs, l’avvocato Guillermo Peňa, che si occupa del caso, ha ottenuto che non fosse archiviato: il reato di sequestro di persona non prevede infatti la prescrizione.
Ciò che all’ inizio poteva sembrare una tremenda disgrazia- riportata alla luce solo l’anno scorso, dopo la denuncia da parte dei coniugi alla scoperta di moltissimi episodi simili- potrebbe invece rivelarsi l’ennesimo caso di rapimento di bambini. L’associazione SOS Bebés Robados stima che circa 300.000 neonati, nati in Spagna tra gli anni cinquanta e novanta- ossia sotto la dittatura franchista e nei periodi successivi- siano stati sottratti ai propri genitori e venduti a famiglie abbienti che non potevano avere figli. Una vera e propria “fabbrica di bambini” e di adozioni illegali che ha coinvolto ospedali, medici, infermieri e intermediari come il Dottor Eduardo Vela e la suora Sor Marìa Gòmez Valbuena, due nomi che spesso ricorrono nelle denunce di rapimento. Sempre secondo El Paìs la monaca, oggi ottantasettenne, assistente sociale in due cliniche della capitale spagnola, è sotto processo perché accusata di aver organizzato le adozioni illegali, offrendo prima il suo sostegno alle madri con situazioni familiari difficili, e poi rivelando un’altra faccia: quella fredda e calcolatrice di chi sceglieva le potenziali coppie adottive a seconda delle loro disponibilità economiche. La signora Felisa ha dichiarato che fu una religiosa ad annunciarle la morte di suo figlio, da tutti indicata come “Suor Maria”, ma non è certa sia la stessa persona colpevole di aver causato tanto dolore e profonda sofferenza a moltissime famiglie.
“Non perdonerò mai chi mi ha rubato mio figlio”- ha dichiarato Felisa a El Paìs.- “Ora non piango più, ma piansi moltissimo dopo quello che mi accadde”.
Sul sito dell’associazione SOS Bebés Robados, che offre assistenza e aiuto sia alle famiglie vittime, che alle persone date in adozione, si legge: “I casi di bimbi rubati in Spagna in ospedali pubblici, privati e in quelli che appartenevano alla Chiesa Cattolica non smettono di uscire allo scoperto”.
No Comments Yet!
You can be first to comment this post!