Il bordo vertiginoso delle cose, l’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio

Enrico Vallesi è un uomo solo di quasi cinquant’anni. Ha un fratello che non sente mai e un unico successo come scrittore. Un romanzo, pubblicato dieci anni prima, diventato famosissimo e a cui non è riuscito a dare un seguito: un fallimento che continua a tormentarlo. In una mattina che sembra come tante, una notizia di cronaca nera della sua città natale, Bari, lasciata da giovane per trasferirsi a Firenze, lo sconvolge: decide quindi di partire per trascorrere lì qualche giorno. Tra le strade di una città cambiata, Enrico rivede suo fratello, la sua amica Stefania e ritrova i ricordi di un passato che non l’aveva mai davvero abbandonato.

Ciò che colpisce subito del nuovo romanzo di Gianrico Carofiglio– magistrato e autore di diverse opere- è la struttura narrativa: in un’alternanza di passato e presente, anche il narratore cambia. Prima persona per il passato, per l’Enrico adolescente; seconda per il presente. Questa differenza riflette i mutamenti dello stesso protagonista, e l’utilizzo del “tu” sembra quasi colpevolizzare Enrico, prendere le distanze da lui, dalla persona fallimentare che era diventata dopo una giovinezza vissuta intensamente. Un’adolescenza irrequieta segnata dall’amicizia con Salvatore, un compagno di scuola dedito a risse e furti, e dall’amore e il desiderio per Celeste, la sua giovane supplente di storia e filosofia. Una vita diversa, lontana, in cui le passioni erano ancora vivide e il futuro tutto da scrivere. Un contrasto tra la vitalità e le potenzialità di un ragazzo, e  l’esistenza grigia di un uomo che non è riuscito ad affrontare le proprie difficoltà e a sfruttare il suo talento fino in fondo.Il giovane Enrico aveva scoperto la violenza, la pericolosità di certi rapporti e di certe azioni, l’amore che riempie le giornate e fa soffrire come se nient’altro avesse la stessa, vitale importanza. L’Enrico cinquantenne è sconfitto, rassegnato, ormai impossibilitato a recuperare i rapporti trascurati, come quello con i suoi genitori entrambi morti, e incapace di perdonarsi. Eppure anche per lui potrebbe arrivare il momento per chiudere i conti con ciò che è stato e, finalmente, ricominciare.

L’epilogo ha il sapore un po’amaro delle storie non terminate: è questo che si avverte alla fine del romanzo, come se la storia di Enrico non fosse davvero finita, come se ci fossero ancora tante cose lasciate in sospeso e che necessitano di una “conclusione” chiara, conclamata. Ma forse “il bordo vertiginoso delle cose” è proprio questo: essere sempre in bilico tra ciò che si vorrebbe e che invece si ottiene, tra ciò che dovrebbe accadere e quello che in realtà succede, tra quello che si è e quello che si vorrebbe essere.

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