“Cure girls”, perché una cura per le lesioni spinali croniche è possibile

Avevo 17 anni. Fu un banale incidente, in macchina, c’erano mia mamma e mia sorella. Mi ricordo che quella mattina mi ero alzata alle 6 per andare a correre. Alle 9:15 però non mi muovevo più.” Loredana Longo di anni adesso ne ha 30 e ha deciso di lottare affinché le lesioni spinali possano diventare curabili. Il blog che ha fondato è tradotto in tre lingue- italiano, inglese e portoghese- e oggi accoglie altre otto ragazze, paraplegiche o tetraplegiche (“alcune le conoscevo già , altre le abbiamo incontrate strada facendo” racconta), che si battono per lo stesso obiettivo: a dicembre del 2013 Cure Girls” ha compiuto un anno e mezzo. “Noi  Cure Girls abbiamo scritto, tradotto, condiviso, ci siamo documentate, abbiamo visitato laboratori di ricerca e raccolto fondi, fatto periodiche conference call per confrontarci e decidere le nostre campagne. Insomma…Abbiamo fatto tutto ciò che abbiamo potuto per far passare il nostro messaggio” scrivono sul post dedicato a questo importante traguardo.

Il blog- che raccoglie testimonianze, notizie sulla ricerca e sugli eventi a cui le ragazze partecipano-  è nato dopo la visione di una serie americana intitolata “Push girls”, dove delle ragazze avvenenti in sedia a rotelle mostrano come, nonostante la lesione, riescano a fare tutto ciò che desiderano. “Questo programma mostra alcuni aspetti della nostra condizione, ma dà un’immagine falsata: vogliono trasmettere il messaggio che nonostante la paralisi le cose si riescano a fare lo stesso, ma non è proprio così” spiega la fondatrice. “ Ad esempio: le persone purtroppo  spesso vedono solo l’immagine del paraolimpico, ci considerano degli eroi perché credono che riusciamo a fare le cose  ‘in modo diverso’…Ma cosa significa in modo diverso? Semplicemente che non puoi farle più come le facevi una volta? La verità è che tantissime cose non le puoi più fare. C’è anche chi è paralizzato dal collo in giù. Ma le persone immaginano come può essere dipendere da un respiratore o da qualcuno per qualsiasi cosa, per andare al bagno, lavarsi, bere e mangiare? In quest’ottica, le barriere architettoniche diventano un problema secondario, mentre spesso sono considerate l’unico nostro problema”. Loredana Longo racconta anche di quando sono state raccolte più di ventimila firme dal comitato TUTTINPIEDI, per chiedere l’istituzione della giornata nazionale per la ricerca di una cura della Lesione spinale. Peccato che una volta che la questione è stata presa in carico da Faip (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici) la stessa si è trasformata nella “Giornata Nazionale della persona con lesione al midollo spinale” cambiandone di fatto il significato e lo scopo, ossia quello di supportare la ricerca di una cura. “La verità non la dice nessuno, noi invece la diciamo: questa è una condizione fortemente invalidante. Viviamo giornalmente una vera e propria tortura fisica e psicologica, non siamo nati così, siamo diventati così, quindi conosciamo bene la differenza rispetto a prima. Quando parliamo di ricerca alcune persone ci dicono che non accettiamo la nostra condizione. Ma cosa dovrei accettare? Io cerco di vivere come posso, per fortuna le mie braccia funzionano, ma lotto anche per chi è stato più sfortunato di me e non può muovere nemmeno quelle. Noi facciamo la pipì con il catetere; abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti nel compiere attività che per chi non è paralizzato sembrano banali ma che per noi e per le nostre famiglie non lo sono per niente. Ad esempio per chi è tetraplegico prendere un bambino in braccio da solo è impossibile. Al di sotto della lesione, non sentiamo una carezza, il calore del sole o dell’ acqua, queste sono cose che i media non raccontano mai.”

Le “Cure girls” visitano laboratori, partecipano a convegni ed eventi sportivi per la raccolta fondi a sostegno della ricerca, si mettono a disposizione de ricercatori perché “vedano con i loro occhi per chi e cosa stanno lavorando, pensiamo possa essere per loro una grande motivazione“. Attualmente la ricerca si concentra sulle lesioni di chi ha appena avuto l’incidente, denominate “acute”; quelle che mancano sono sulla fase chiamata “cronica”, ossia quando la lesione è presente da diverso tempo. “In paesi come la Svizzera e il Canada, si stanno già sperimentando alcune terapie sull’uomo, ma noi vorremmo far diminuire i tempi di attesa. Ogni minuto in carrozzina è un minuto di troppo. E’ vita, E’ indipendenza, è dignità che perdi e che nessuno ti potrà restituire” sottolinea la Longo. “Non c’è la vera percezione della gravità di questa condizione; è anche difficile andare a dire in tv a raccontare: ‘Sai che a causa della lesione spinale ci capita di farci la pipì addosso e dobbiamo usare il catetere?’ Noi non abbiamo il controllo della vescica o dell’intestino. Inoltre abbiamo spasmi, contrazioni e soffriamo di dolori neuropatici che sono a volte tremendi. Scriviamo le cose come stanno, ci mettiamo ‘a nudo’ raccontando le conseguenze delle lesioni spinali e non è proprio bellissimo, spesso la cosa ci mette in imbarazzo. Però se non lo facciamo, che possibilità abbiamo che le persone possano capire?”

È possibile seguire le “Cure Girls” anche su Facebook, per sostenere il loro coraggio, la loro determinazione e soprattutto la loro richiesta: una cura per le lesioni spinali croniche.

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