Progetto RoboLaw: il futuro è (ormai) alle porte

Siamo giuristi, filosofi e ingegneri che si occupano della regolazione delle tecnologie robotiche, affinché la loro introduzione nella nostra società sia la migliore possibile“. Andrea Bertolini, giurista alla Scuola Superiore Sant’ Anna di Pisa, ci parla di RoboLaw, il progetto finanziato dalla Commissione Europea  nell’ambito di Horizon 2020- Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, presentato anche in occasione del Greentech Festival. A portare avanti il progetto è un consorzio di università: oltre alla SSSA di Pisa, vi lavorano anche gli atenei di Monaco (Germania), Reading (Inghilterra) e Tilburg (Olanda).

Il termine “robot“, derivato dalla letteratura di fantascienza, non ha connotazioni tecniche e giuridiche, e le problematiche legate ad una tecnologia sempre più innovativa ed avanzata necessitano soluzioni.  “Le Tecnologie robotiche sono tra loro molto diverse, non è possibile elaborare un insieme di regole unitario.” spiega Bertolini.  “C’è la Google car, che dovrebbe guidarsi da sola;  il robot industriale in una catena di montaggio;  roomba, che pulisce da solo; protesi robotiche che dovrebbero essere impiantate in persone amputate e che riuscirebbero a decifrare gi impulsi biologici trasformandoli in indicazioni per muoversi. Oppure gli esoscheletri, una specie di armatura che il soldato indossa per svolgere compiti che l’essere umano non riuscirebbe  a fare, oppure che permetterebbe a un tetraplegico o a un paraplegico di tornare a camminare. Tecnologie Esistenti e futuribili, ma non fantascientifiche. Esistono poi i robot companion, macchine di sembianze vagamente umane per l’assistenza delle persona in casa, oppure i programmi, come il Watson di IBM, che è un sistema esperto: fornisce indicazioni su come curare un paziente  ad un medico, in virtù di tutta una serie di informazioni da essa contenute. Un mega computer di elaborazione statistica dei dati“.

Scenari che adesso possono sembrare ancora lontani, ma che in realtà sono molto più vicini di quanto non si possa pensare, e che pongono tutta una serie di interrogativi: innazitutto definitori ( è necessario dare una definzione unitaria di robot?), poi di responsabilità (in caso di danno, chi paga?) e infine etici (chi decide quale tecnologia può essere usata e in quali casi, se parliamo di protesi? ) “Sul codice della strada, la definizione di veicolo presuppone che debba esserci qualcuno alla guida. Quindi teoricamente la Google car non potrebbe circolare, anche se fosse sicura, perché entrerebbe in conflitto con le leggi esistenti” spiega Bertolini. “Quindi noi dobbiamo elaborare una definizione da proporre per introdurre nel codice la possibilità di far circolare questa tipologia di veicoli. In America l’hanno già fatto, ma si sono sbilanciati, definendola intelligenza artificiale: questo termine è errato perché la macchina  non vuole imitare l’intelligenza umana, bensì guidare bene. Da qui la stretta collaborazione tra giuristi e ingegneri.” Per quanto riguarda la responsabilità in caso di danno, ci sono diverse opzioni.  “Abbiamo cercato di determinare quali siano ad oggi le regole applicabili: noi vogliamo uno studio che sia propositivo, dobbiamo presentare una serie di linee guida. Oltre ad individuare delle norme, cerchiamo di offrire anche regole alternative. Con  Roomba, per esempio, può andare bene il diritto che abbiamo, ma se parliamo di  protesi, un sistema alternativo sarebbe preferibile ” sottolinea Bertolini. “Oggi non abbiamo una macchina che guida da sola ma una con forme automatizzate, che ha sempre la supervisione dell’essere umano. Quindi lui è responsabile in caso di incidente, e il produttore lo è per le parti automatizzate. Diverso è il caso di una macchina che guida da sola: se qualcosa non funziona si potrebbe presupporre sia colpa del produttore. Il problema risiede nella fase intermedia: i cambiamenti infatti sono graduali. Ad esempio, mettiamo il caso che il posto del guidatore esista, la persona richiesta però la macchina sia in grado di guidare da sola in autostrada. Che succede se capita un incidente? Prendiamo il sistema esperto Watson: il medico deve conformarsi a quello che richiede la macchina oppure no?Se succede che il medico non sia d’accordo con la soluzione proposta dal sistema e si discosti, curi il paziente in un altro modo e questo si ammali; oppure, se  il  medico ha seguito la macchina ma il paziente si è comunque ammalato, chi ne risponde? Il produttore del robot si troverebbe ad affrontare anche queste problematiche. Stesso discorso per le protesi:  il costo della responsabilità potrebbe essere gravoso, rispetto al numero di persone che le richiederebbero, e portare  a rinunciare alla tecnologia.”

Sempre per le protesi si pone anche il terzo interrogativo.  “Le protesi esistono anche ora, ma consentono una qualità di vita inferiore rispetto ad arti naturali. C’è stato però il caso di Oscar Pistorius:  si è discusso sul fatto che non fosse disabile, ma superabile, quindi avvantaggiato alle Olimpiadi. Un braccio robotico potrebbe essere ancora più performante rispetto a quello naturale: potrebbe avere più forza, essere più veloce, oppure permettere la rotazione del polso. A questo punto si potrebbe impedire a una persona che ha arti normali di sostituirsi un braccio o una gamba o comunque utilizzare una forma di potenziamento? ” Una domanda che è lecito porsi: c’è già un esempio di questa problematica nella storia di Neil Harbisson, un ragazzo nato senza la capacità di distinguere i colori. Gli è stata impiantata una sorta di webcam sulla testa che gli permette di distinguere i colori e  li trasforma in emissioni sonore: a seconda dell’intensità del colore, il suono è più o meno forte.  È disabile ma anche una capacità che l’essere umano non possiede: dare al colore un suono. ” Forme di potenziamento esistono e sono comunemente accettati: pensiamo agli occhiali o anche ai farmaci. Quali forme sono però possibili, quali no e quali devono essere le regole tra un uso legittimo oppure un uso considerato negativo? Ci sono scienziati filosofi che ipotizzano un mondo in cui gli umani saranno immortali, capaci di vivere una vita senza tristezza, senza sofferenze, senza conoscere la malattia: a questo punto ci si può anche chiedere in cosa consista l’umanità. Questi sono paradossi ma il problema concreto si pone perché la tecnologia può realizzare alcune protesi in tempi ragionevoli. Chi decide quale tipo di protesi impiantare? E’una questione solo economica, di chi possiede maggiori risorse ? Stiamo elaborando le regole per gestire questa tipologia di problemi” conclude Bertolini.

A maggio 2014 la ricerca verrà presentata alla Commissione Europea. Pronti ad accogliere il futuro?

 

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