Io sto con la sposa, il (finto) corteo nuziale che ha attraversato l’Europa

Quattro giorni di viaggio e tremila chilometri. Una sposa in abito bianco e ventitré invitati vestiti elegantemente: un gruppo eterogeneo di siriani, palestinesi, italiani. La storia di un finto corteo nuziale partito da Milano con destinazione Stoccolma: la vera avventura di come uomini e donne in fuga dalla guerra abbiano espugnato le frontiere europee. Un incredibile viaggio raccontato dal film-documentario “Io sto con la sposa” del regista Antonio Augugliaro,  dello scrittore  e giornalista  Gabriele Del Grande e  del poeta e scrittore Khaled Soliman Al Nassiry.

L’idea del film è nata quasi per scherzo, ci siamo trovati una sera a cena ed eravamo molto scossi per quello che era successo il 3 ottobre a Lampedusa” racconta Antonio Augugliaro. Quel giorno, al largo dell’isola, un barcone carico di migranti è naufragato causando la morte di più di 360 persone: è stata definita la più grande tragedia dell’immigrazione del Mediterraneo. “Sapevamo che tra i superstiti c’erano molti siriani ad attendere solo il momento giusto per recarsi in Svezia. Domandandoci cosa potessimo fare, ci siamo detti: perché non li travestiamo e insceniamo un corteo di matrimonio? Chi mai lo fermerebbe?” La Svezia, che ha deciso infatti di concedere ai profughi siriani un permesso di soggiorno permanente e ha uno spazio sociale tra i migliori d’Europa, è la meta di tutti  immigrati di questo paese. “Il giorno dopo ho continuato a pensarci moltissimo, perché sapevo come da questa storia potesse venire fuori anche un buon film” continua il regista. “Ho coinvolto gli altri e da una fantasia siamo arrivati alla realtà. A completare la volontà di realizzare questa avventura c’è stato l’incontro con Abdalla, superstite proprio del naufragio del 3 ottobre e uno dei protagonisti del film. Gabriele e Khaled l’ hanno incontrato in stazione , aveva chiesto  loro: ‘Dove  si prende il treno per la Svezia?’ È stato come se il destino ci fosse venuto incontro.

io sto con la sposa immagineTutto è stato organizzato in due settimane: i personaggi, l’attrezzatura, gli abiti, la logistica del percorso. ” Molte persone che avevamo deciso di coinvolgere nel progetto di punto in bianco ci lasciavano per andare con i contrabbandieri, quelli veri. A loro interessava solo arrivare in Svezia e non il film. Il viaggio è stato massacrante: è durato solo 4 giorni e questo ha significato viaggiare anche 12 ore al giorno, dormire 2 o 3 ore  a notte” spiega Antonio Augugliaro. “Abbiamo attraversato a piedi la frontiera di Ventimiglia, superando quello che fino a 40 anni fa gli italiani utilizzavano per  andare in Francia, ossia il ‘Passo della morte‘. Poi abbiamo usato quattro macchine,un furgone e nell’ ultima parte della frontiera abbiamo preso il treno. Un viaggio da Copenaghen  a Malmö di venti minuti.” Alla stazione un controllore si è addirittura congratulato con loro per il matrimonio: “Segno che il travestimento era riuscito” commenta Augugliaro.

L’obiettivo dei tre ideatori e registi del film è di riuscire a presentarlo al Festival del cinema di Venezia. Per pagare almeno la metà degli elevati costi di post-produzione hanno pensato di lanciare una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo, fino al 17 luglio, disponibile in italiano, inglese e arabo. Dal 18 maggio, giorno del lancio, il progetto ha già raccolto più di quindicimila euro su settantacinquemila e i commenti di chi ha deciso di sostenerlo sono entusiasti. “È un rischio folle quello che ci stiamo prendendo” – si legge su Indiegogo- “ma vogliamo credere che esista una comunità di persone, in Europa e nel Mediterraneo, che come noi sognano che un giorno questo mare smetta di ingoiare le vite dei suoi viaggiatori e torni ad essere un mare di pace, un mare dove tutti siano liberi di viaggiare, e dove nessuno divida più gli uomini e le donne in legali e illegali.” Un rischio perché il film, come spiega il regista, “potrebbe essere letto come un’autodenuncia, o comunque come testimonianza per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il nostro progetto però ha uno scopo comunicativo, e assolutamente non abbiamo preso soldi.

“Io sto con la sposa” è un film manifesto “in cui riconoscersi, noi che crediamo che viaggiare non sia un crimine e che criminale sia invece chiudere gli occhi di fronte ai morti di viaggio sulle nostre spiagge mediterranee e di fronte ai morti nella guerra in Siria” scrivono gli autori. Un documentario sugli orrori della guerra ma anche sul diritto di avere un futuro e una vita dignitosa. Un atto di “disobbedienza civile” che sta mostrando un’altra Europa, quella pronta ad aiutare e non a chiudere gli occhi di fronte a chi è costretto a fuggire, lasciando la propria terra, alla ricerca di un posto migliore dove far crescere i propri figli.

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