Lavoro minorile, l’infanzia rubata

Juan ha dieci anni, grandi occhi scuri e capelli neri. Vive a Huachipa, in Perù, con la sua famiglia, e ogni giorno inizia a lavorare alle quattro del mattino: fabbrica mattoni. Aiuta i suoi genitori a raggiungere i mille pezzi al giorno, quantità sotto la quale non si viene pagati. Anche i fratelli più piccoli, di tre e cinque anni, collaborano al sostentamento della famiglia. Del resto, in Perù è normale lavorare per quasi due milioni di bambini e ragazzi tra i cinque e i diciassette anni. Latifa invece di anni ne aveva dodici quando iniziò il suo lavoro di domestica presso una famiglia di Casablanca. Tutti i giorni, dalle sei del mattino fino a mezzanotte, doveva occuparsi delle pulizie, della cucina, dei bambini: era una dei 92.000 minori, perlopiù di sesso femminile, che in Marocco vengono impiegati come domestici.

Ma quelle di Juan e Latifa, storie raccontate da El Paìs e El Mundo, non sono di certo un’eccezione. I bambini lavoratori nel mondo sono 168 milioni, 85 dei quali svolgono lavori pericolosi, secondo le stime 2012 dell ‘International Labour Organization. Numero fortunatamente in calo, ma simbolo di una lotta che non è ancora finita, tornata alla ribalta in occasione della Giornata Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile che si celebra oggi 12 giugno. Tra i paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno, spiccano la regione dell’Asia-Pacifico, l’America Latina, i Caraibi e l’Africa Subsahariana. L’Unicef, impegnata da anni nella protezione dei bambini che si trovano in condizioni svantaggiate, vuole porre l’attenzione sul Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo. “Secondo i dati disponibili, sono circa 4,5 milioni i bambini sfruttati in settori ad alto rischio quali l’edilizia, le riparazioni meccaniche ed elettriche, le fabbriche di tabacco fino allo sfruttamento nella raccolta dei rifiuti, nella guida dei risciò» sottolinea il presidente Giacomo Guerrera. «Tutte queste attività comportano devastanti conseguenze in termini di salute e sopravvivenza”. Dal 2010, grazie al progetto “Scuola e protezione per i bambini di strada”, l’UNICEF Italia promuove nel paese asiatico interventi d’assistenza ai bambini di strada, sfruttati nel lavoro infantile o comunque a rischio.

In Italia quello del lavoro minorile è un fenomeno sommerso, spesso legato all’abbandono scolastico, allo sfruttamento e alla criminalità. Secondo il rapporto “Lavori ingiusti. Indagine sul lavoro minorile e il circuito della giustizia penale”, realizzato da Save The Children con il finanziamento del Ministero della Giustizia, presentato oggi a Roma, il 66 per cento dei minori che sta scontando una condanna penale ha svolto un’attività lavorativa prima dei sedici anni. Nel 73 per cento dei casi sono italiani, mentre il restante 27 per cento è costituito da giovani di origine straniera. Più del 60 per cento ha lavorato in un’età compresa tra i quattordici e i quindici anni, l’11 per cento addirittura prima degli undici anni.  Le motivazioni sono essenzialmente due: si lavora per far fronte alle proprie spese personali oppure per aiutare la propria famiglia.  Il 71 per cento dei ragazzi dichiara di aver lavorato in modo continuativo; il 43 per cento per più di 7 ore di seguito al giorno e il 52 per cento di sera o di notte. “Si tratta di un dato molto grave e allarmante che mette in luce il circolo vizioso che parte dall’ abbandono scolastico, passa per lo sfruttamento lavorativo fino a ad arrivare al coinvolgimento nelle reti della criminalità”, ha spiegato Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa Save the Children Italia. Rafforzare gli interventi che contrastino la dispersione scolastica; promuovere  e garantire le  risorse per attivare le opportunità formative e di inserimento lavorativo per tutti quei minori coinvolti in un procedimento penale; un piano di monitoraggio, prevenzione e contrasto: sono queste le soluzioni presentate per combattere il lavoro illegale e minorile.  “In occasione della giornata contro il lavoro minorile è opportuno sottolineare i rischi a cui i bambini e ragazzi sono esposti, anche nei paesi ad alto reddito. Protezione sociale e monitoraggio sono strumenti essenziali per combattere questo fenomeno anche nei paesi sviluppati, soprattutto in un momento di crisi come questo in cui la perdita di reddito delle famiglie aumenta il rischio abbandono scolastico e l’esposizione al lavoro minorile”, ha spiegato Furio Rosati dell’ Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Un impegno da portare avanti per Juan, Latifa e tutti quei bambini che perdono la propria infanzia, sono costretti a diventare adulti troppo presto e in modo ingiusto, sacrificando il momento del gioco, della crescita, della spensieratezza.

(Photo Credits: Francesco Alesi / Parallelozero)

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