“A testa in giù”, per imparare ad ascoltare con il cuore
Gioele ama moltissimo il giallo, tanto da volersi nutrire solo di uova e da nascondere limoni sotto il cuscino. Il ricordo di suo padre passa attraverso la luce gialla di una lampada e a volte parla con Van Gogh. L’universo di Gioele è speciale e al suo interno non c’è spazio per la vita quotidiana fatta di dottori, infermieri, medicine e imposizioni. Lui è uno di quei ragazzi “picchiati in testa“, come vengono definiti dai medici della struttura che li ospita, che non comunica con chi gli sta intorno, ma ha un microcosmo meraviglioso dentro di sé. Il richiamo di quel maggiolone giallo, lasciato incustodito proprio fuori dal suo istituto, è troppo forte: Gioele inizia un viaggio accompagnato da Maria, la signora in bicicletta che investe accidentalmente durante la sua “fuga”. Il percorso che inizialmente avrebbe dovuto condurli verso l’ospedale diventa un cammino nel passato di Maria, un’esperienza che non può non lasciare il segno.
Si può osservare con gli occhi ma si comprende solo con il cuore: se dovessi definire in una sola frase “A testa in giù“, il nuovo romanzo di Elena Mearini edito da Morellini Editore, sarebbe proprio questa. Gli occhi di Gioele prima, e quelli di Maria poi, ci raccontano due generazioni e due mondi molto diversi tra loro. Il primo è quello di un ragazzo con autismo, che nonostante i problemi familiari alle spalle e il senso di solitudine che pervade la sua esistenza, è ancora capace di meravigliarsi di fronte alla vita e di cercare una via d’uscita dal grigiore che chi non lo capisce ha creato intorno a lui. Il secondo, quello della Maria, legato agli anni della guerra e del dopoguerra, è contadino e semplice, ma capace di ascoltare attraverso l’anima. Il loro girovagare alla riscoperta dei sapori e degli odori di un tempo, lungo la strada tracciata dai ricordi di Maria, permette a Gioele finalmente di comunicare, di esprimere i suoi pensieri e i suoi desideri, di far sentire la sua voce.
Questa avventura è destinata a finire per entrambi, in modi molto diversi; ma l’intensità del loro incontro diviene luce per Gioele, che può aprire gli occhi ed iniziare il suo “secondo viaggio”. Con un linguaggio poetico e immagini suggestive, l’autrice ci mostra come ci si dovrebbe rapportare all’autismo e, più in generale, alla disabilità: ossia accogliendola con la comprensione e la vicinanza. Solo andando oltre la superficie si può davvero fare un passo verso l’altro e scoprire che la più grande ricchezza può nascondersi anche in un incontro fortuito in un giorno qualunque.
Articolo pubblicato su Pronews