“Amico mio, sono felice”: la scuola, l’autismo e la scelta di un padre
“Amico mio, sono felice”. Giulio esprime con queste parole la sua gioia. Un’espressione che racchiude impegno, tenacia e soprattutto affetto: suo padre Vincenzo D’Aucelli lo sa bene, ed è così che ha intitolato il suo libro. Pagine di sentimenti, esperienze, piccole e grandi conquiste, difficoltà e progetti. La storia di una famiglia che si ritrova con una diagnosi di autismo “ad alto funzionamento” e decide di affrontarla nel miglior modo possibile, con coraggio e tanto amore, quello di un genitore per il proprio figlio che è talmente forte da non conoscere confini.
“Amico mio, sono felice”, edito da Mondadori, racconta non solo l’infanzia e l’adolescenza di Giulio- che ora ha 16 anni, suona il piano, ama nuotare e andare al cinema- ma anche tutto ciò che l’autismo ha portato nelle vite dei suoi genitori e dei suoi due fratelli maggiori, fino alla scelta di papà Vincenzo, appoggiata anche dalla mamma Cecilia, di lasciare il proprio lavoro di informatore scientifico in una grande azienda per diventarne il ‘coach’ a tempo pieno. Una decisione che l’ha riportato all’università per una seconda laurea- Scienze della formazione, conseguita nell’ottobre del 2013- in modo da poter seguire il percorso di studi di Giulio, nel passaggio dalle scuola media inferiore alle superiori, sedendogli accanto. Da due anni Vincenzo D’Aucelli è infatti il compagno di banco di suo figlio.
“Se penso a quello che ha subìto Giulio a scuola media, messo da parte nonostante avesse un’ educatrice pagata da noi, non ritenuto ‘adatto’ a frequentare la scuola, capisco di aver fatto la scelta giusta” racconta. “L’autostima di questi ragazzi, che è già minima, si riduce sempre di più e finiscono per perdersi. Sono due anni che sto con lui ed è uno della classe uguale agli altri. Con gli insegnanti ho un rapporto bellissimo: ora Giulio rimane ogni giorno sei ore in classe, cosa che non accadeva prima.” Ai primi segni di nervosismo e di difficoltà a rimanere fermo o in silenzio, infatti, veniva allontanato dall’aula. “Fa i compiti in classe e a casa, è interrogato come gli altri: ci vuole più tempo, ma gli insegnanti hanno detto che stanno imparando tantissimo da questa esperienza, così come sta succedendo a me. Giulio inoltre è bravissimo in matematica: esegue calcoli complessi ed equazioni senza l’aiuto della calcolatrice.” Quello di Vincenzo D’Aucelli è un progetto unico in Italia e delle perplessità all’inizio ci sono state da parte dell’istituto che Giulio avrebbe dovuto frequentare. “Avere un genitore a scuola non è certo semplice, ma piano piano questa rigidità è venuta a scemare. Il mio compito non era quello di giudicare gli insegnanti, ma fare qualcosa per mio figlio. Sono diventato il compagno di classe di tutti e con Giulio sono meravigliosi. Io sono felice perché vive in mezzo agli altri, è perfettamente integrato nella scuola e nella classe: ci sono giorni negativi, non lo nascondo, ma li affrontiamo e ora i momenti di insofferenza sono vissuti serenamente.”
D’Aucelli ha un’idea precisa di come si possa affrontare l’autismo per aiutare le famiglie. ” Gli educatori e i centri che i ragazzi con disabilità possono frequentare sono importantissimi, però è anche più importante che possano stare in mezzo a ragazzi ‘normodotati’ per permettere loro di vivere una vita come quella degli altri. Vorrei che questi educatori andassero a casa delle famiglie ad insegnare ai genitori e ai fratelli come approcciarsi e comportarsi con i propri figli con autismo. Per esempio quando Giulio andava dalla logopedista, io non lo aspettavo fuori, ma assistevo alle sedute per imparare cosa fare a casa. Così anche i ragazzi non si sentono persi nelle ore in cui non fanno attività“.
Sono tante le riflessioni che il libro suscita, soprattutto da parte di chi vive quotidianamente l’autismo come altre disabilità fisiche e intellettive: il rapporto con i fratelli, con gli amici e gli altri familiari, il futuro prossimo e il fatidico ‘dopo di noi‘. “I fratelli di Giulio sono più grandi, stanno spiccando il volo: il primo è ricercatore universitario, il secondo è tornato un mese fa da Tokyo perché studia lingue orientali, si laureerà a luglio. Loro vogliono bene a Giulio e questo è innegabile, ma al momento ci sono io e non voglio tarpare loro le ali” spiega D’Aucelli. “Sto cercando di far diventare Giulio autonomo, però al momento ha bisogno di una persona accanto. Lascerò Giulio ai fratelli se mi garantiranno che starà con loro, io non voglio che rimanga con nessun altro e in nessun altro posto. Sto anche pensando ad un tutor, che gli possa stare vicino con la loro supervisione“.
Ciò che spaventa i genitori è infatti l’incognita di quello che accadrà ai propri figli con disabilità una volta che loro non ci saranno più. “Lo so“-aggiunge D’Aucelli-“ma quello a cui penso ora è il presente di Giulio. Ecco perché ho fatto questa scelta: il mio è comunque un grido di dolore, verso lo stato e le istituzioni che non ci danno nulla soprattutto dal punto di vista della scuola”.
Leggendo il libro, si comprende come le aspirazioni e i progetti per un futuro radioso vengano custoditi nei cuori dei genitori nonostante tutto, nonostante la realtà a volte sia dura e diversa da come la vorrebbero. Parti toccanti e commoventi che lasciano il segno. “Vivo alla giornata, non mi faccio illusioni ma non mi fermo neanche: cerco di far vivere a Giulio una vita serena e felice in mezzo ai suoi amici. Provo a fargli provare tutte le esperienze: ovviamente non sempre ci riesco, le novità all’ inizio non sono prese bene, ma poi tutto passa. Ci sono giornate positive, altre negative o anche negativissime, ma io le metto in conto e non mi lascio abbattere dall’ autismo.”
Articolo pubblicato su Pronews