Quelle delle “endo-girl” non sono semplici mestruazioni
Articolo pubblicato su West- Welfare Società Territorio il 13/10/2016
“L’ho scoperto a 20 anni: dolori strazianti e mai capiti dalla mia ex ginecologa. Dopo un’operazione d’urgenza ecco il verdetto: endometriosi pelvica severa congelata IV grado”. Giulia (nome di fantasia), racconta cosa significa convivere con questa malattia (ne soffrono 3 milioni di italiane) che spinge alcune parti dell’endometrio (il tessuto posto a rivestimento dell’utero che si sfalda al momento del ciclo mestruale) ad abbandonare la loro sede naturale e localizzarsi, creando noduli, lesioni ed escrescenze, nelle ovaie, tube, paretiintestinali o nella vescica. L’endo è subdola, a volte silenziosa, rende dolorosi i rapporti sessuali e spesso causa infertilità. È per questo che dopo cure ormonali e tre anni di attesa, Giulia si è sottoposta alla FIVET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer): al secondo tentativo è rimasta incinta di una coppia di gemelli. “Alla16esima settimana di gravidanza uno dei due muore, alla 17esima si rompono le membrane, alla 30esima sono costretta a partorire”. Sua figlia sta bene, ma – sottolinea – “spero tanto non erediti il mio male”.
Maria (nome di fantasia), 37 anni, stesso disturbo e stesse pene di Giulia: “Siamo intenzionati a mettere in cantiere un figlio con il mio ragazzo” racconta. “Non mi hanno tolto l’utero perché non hanno voluto negarmi il diritto di diventare mamma. Mi hanno già detto che non sarà facile. Gravidanza allettata e dovrò partorire prima dei canonici nove mesi”. Ma anche se il percorso è in salita lei non si arrende: “Amo i bambini. Sono educatrice e lavoro con loro. Non immagini quanto ci sia rimasta maleFIVET fallite, due interventi e nessun risultato. Dovrò rinunciare al secondo glio” racconta Benny. “La percentuale di avere un figlio al momento è zero” aggiunge Nicole. “Niente gravidanza per me, praticamente impossibile. Stiamo percorrendo la strada dell’adozione” sono le parole di Francy. Tutte d’accordo su un punto: non se ne parla mai abbastanza. Pochi comprendono la complessità di questa malattia, che le “endo-girls” affrontano come vere guerriere. Forse solo perché, per tanto tempo, si sono sentite ripetere che avere quei dolori è “normale”.
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